I Carraresi
La famiglia dei Da Carrara (o Carraresi) ha avuto grande importanza per la storia padovana, contribuendo in maniera determinante alle vicende che si susseguono nel Medioevo e prendendo poi il potere in città fino all'avvento della Serenissima.
Come molte altre famiglie di primo piano dell'epoca sono di origine longobarda e prendono il nome dalla località di Carrara Santo Stefano, nell'area ai piedi dei Colli Euganei, a sud della città, dove hanno un castello e diversi possedimenti.
Dopo i saccheggi Longobardi e la completa distruzione di Padova ad opera degli Ungari nell'899, Monselice, con la sua struttura protetta, arroccata intorno al castello e circondata di mura, aveva assunto sempre maggiore importanza nella zona, favorendo la crescita anche dei Carraresi che possedevano diversi territori anche nell' area limitrofa.
Verso la metà del XII secolo, quando Padova si ripopola, torna ad essere sede vescovile e si dota di una nuova cinta muraria, sui resti di quelle romane, anche i Carraresi costruiscono, come i Camposampiero e i Vigodarzere, le loro nuove residenze in città.
Quando esplode la prima contesa tra Papato e Impero, i Carraresi si schierano con il Vescovo contro l'Imperatore e appoggiano apertamente Verona.
Questa loro posizione guelfa permarrà anche durante l'età ezzeliniana dei Da Romano e porterà i Carraresi ad accrescere il proprio potere proprio grazie al contributo che diedero alla cacciata di Ezzelino III il Terribile nel 1256.
Ma la presa di potere che segnò la fine di Padova libero Comune e l'avvento della Signoria avviene quasi 60 anni dopo quando nel 1318 Jacopo I Da Carrara viene nominato Capitano del Popolo per guidare l'esercito padovano contro Cangrande della Scala che, da Verona, cerca l'espansione verso ovest nei territori vicentini e padovani, protetto dall'Imperatore.
La famiglia dei Carraresi è da anni alla ricerca del potere, ma è minata da discordie interne e complotti familiari, oltre che dalla forza delle altre famiglie che gareggiano per la supremazia.
Jacopo, dopo aver respinto una prima volta gli eserciti veronesi cerca un alleato capace di garantirgli un appoggio adeguato alle forze degli Scaligeri.
Lo trova nel Conte di Gorizia, vicario del Duca d'Austria, preoccupato per i tentativi di espansione di Verona anche verso nord.
L'alleanza si rivelò provvidenziale nel 1320 quando Cangrande della Scala tenta di conquistare la città, stringendola d'assedio.
Quattro anni dopo, alla morte di Jacopo, gli succede il nipote Marsilio che viene nominato dal Comune Capitano del Popolo.
Probabilmente Marsilio I non ha la stessa forza dello zio, perché cominciano subito le lotte intestine alla città, ma anche alla stessa famiglia per sottrargli il potere. Così, nel 1328, il nipote Niccolò si allea a Cangrande riuscendo a destituire lo zio.
Viene nominato Vicario e riesce a detenere il potere per quasi 10 anni, fino a quando Venezia, preoccupata per l'espansione di Verona e dell'Impero che minaccia la sua indipendenza e la sua possibilità di espansione nell'entroterra, si allea con Firenze e muove all'attacco.
Marsilio coglie la palla al balzo, si unisce all'alleanza e riesce, nel 1337 a riprendere il potere in città, grazie soprattutto al momento di confusione seguito alla morte di Cangrande.
Pochi mesi dopo anche Marsilio muore e gli succede Ubertino I che riesce a riconquistare i territori perduti e, grazie alla mediazione dei Veneziani, a trovare un accordo con Verona.
Nel 1343 dà inizio alla costruzione della Reggia, un vero monumento al ritrovato potere della famiglia.
Due anni dopo muore e gli succede Marsilietto detto Papafava che verrà immediatamente assassinato dai cugini Jacopo e Jacopino, figli di Niccolò.
Questi sono, come il padre, fedeli all'Imperatore Carlo IV che nel 1348 nomina Jacopo II, diventato Signore della città, Vicario Imperiale.
L'anno successivo arriva per la prima volta a Padova, su invito di Jacopo, Francesco Petrarca, che spesso soggiornerà in città e deciderà di passare poi qui i suoi ultimi anni.
Un anno ancora e Jacopino muore vittima di una congiura.
Vengono nominati Signori il fratello, Jacopino III e il figlio, Francesco I il Vecchio, che forte dei suoi successi militari contro i Viasconti di Milano, nel giro di 5 anni si libererà di Jacopino III accusandolo di congiura e facendolo richiudere nel castello di Monselice dove rimarrà per ben 17 anni.
Già l'anno successivo, nel 1355, le dispute con Venezia portano a mutare nuovamente le alleanze: questa volta i Visconti e l'Imperatore sono gli amici che aiutano a bloccare le mire espansionistiche della Serenissima.
È un periodo di grande fioritura artistica e culturale, grazie anche all'opera di Fina Buzzaccarini, moglie di Francesco: viene costruita la chiesa di S. Maria dei Servi, nell'attuale via Roma, il Battistero viene affrescato, gli Eremitani vengono allargati e al loro interno viene collocato un monumento funebre a Jacopo II la cui epigrafe viene scritta da Francesco Petrarca.
La profonda amicizia che lo lega a Francesco I, lo porterà a Padova nel 1360, con l'intenzione di rimanerci in maniera permanente.
Purtroppo la peste lo costringe l'anno seguente a fuggire a Venezia, dove rimarrà per 7 anni.
Quando finalmente rientra, Francesco gli fa dono di alcune terre ad Arquà, sui Colli Euganei.
Qui Petrarca costruisce la sua casa, dove si trasferisce definitivamente con la figlia, il genero e la nipote, dove continuerà a scrivere fino alla morte arrivata nel 1374.
L'anno precedente riesce però ad aiutare Francesco e il figlio Francesco Novello a trovare un accordo con Venezia che metta fine alle continue e sfibranti battaglie lungo i confini dei due territori.
Nel 1378 scoppia la "Guerra di Chioggia" tra veneziani e genovesi che darà origine ad un balletto di alleanze tra Padova, Venezia, Verona, Milano e l'Austria che porterà a continue espansioni e riduzioni dell'area di influenza dei Carraresi.
La massima espansione viene raggiunta nel 1387, con i territori di Feltre e Belluno, la ripresa di Vicenza e una serie di pesanti sconfitte degli Scaligeri.
A questo punto Francesco I il Vecchio abdica in favore del figlio Francesco II Novello.
Nel frattempo l'espansione di Padova ha spaventato sia gli Sforza che Venezia, che si alleano contro la città. Riescono ad avere la meglio, costringendo i Carraresi all'esilio. Riescono a rientrare solo 2 anni dopo, nel 1390.
Ma il declino ormai è inarrestabile: Francesco I muore prigioniero dei Visconti nel 1393 e i tentativi di Francesco Novello di resistere all'espansione veneziana falliscono definitivamente quando la città è presa dai veneziani nel 1405 e Francesco stesso, con i due figli, è incarcerato e ucciso.
Le aspirazioni di governo della famiglia possono dirsi per sempre estinte quando anche l'ultimo figlio di Francesco Novello, Francesco III tenta di rientrare a Padova nel 1435, ma viene catturato dai veneziani e ucciso.
L'altro ramo, quello che derivava da Marsiglietto e da quel Jacopino che Jacopo II fece imprigionare nella torre di Rocca Pendice, assunse come cognome Papafava, originariamente il soprannome dato al loro avo Jacopo e di lì associato a Carraresi per distinguerli dai cugini.
I Papafava rimasero una delle famiglie più illustri della città.