Comunicato stampa: il discorso del sindaco Sergio Giordani in occasione della celebrazione della solennità di Sant’Antonio
"Porgo il mio saluto al Delegato Pontificio Monsignor Fabio Dal Cin a Padre Roberto Brandinelli, Ministro Provinciale dei Frati Minori Conventuali, a Padre Antonio Ramina, Rettore della Basilica di Sant’Antonio, al nostro Vescovo Monsignor Claudio Cipolla e a tutte le autorità Religiose, Civili e Militari presenti.
Sant’Antonio è uno dei santi più popolari e amati: lo vediamo anche oggi, con le migliaia di persone, molte delle quali provenienti da ogni angolo del mondo, che hanno seguito questa tradizionale processione.
Lo è perché è un santo che pur dedicandosi intensamente alla contemplazione e alla preghiera è sempre stato vicino, ogni giorno della sua breve vita alla gente comune, ascoltandola, sostenendola, guidandola e difendendola dalle ingiustizie.
Fu un uomo colto e sapiente e allo stesso tempo semplice e umile, profondamente calato nella realtà sociale del suo tempo.
E’ chiamato il santo dei miracoli, ma il suo insegnamento non parte da questi fatti sovrannaturali che sono, per Antonio, non il motivo di un fede, ma al contrario il frutto della fede stessa.
La fede è un percorso lungo, complesso, che in Antonio diventa anche necessità quasi insopprimibile di cammino quotidiano per portare la parola del vangelo tra le persone.
Quasi un’inquietudine, una ricerca di un senso vero e profondo alla propria esistenza, nella consapevolezza che il messaggio del vangelo ha senso se è condiviso con gli altri.
Nell’idea che bisogna trasformare l’amore di Dio in atti di concreta vicinanza e aiuto verso chi ne ha bisogno, siano essi poveri o disagiati come benestanti che hanno perso il senso della giustizia e della carità.
Possiamo trovare in questa urgenza e inquietudine di Sant’Antonio una qualche analogia con l’inquietudine di noi uomini contemporanei, che vediamo ogni giorno le ingiustizie economiche, sociali, morali che affliggono la nostra società e sentiamo – per fortuna ancora forte- un senso di rifiuto e una necessità di cambiamento.
Una voglia di impegnarsi per un mondo migliore che spero non abbandoni mai le giovani generazioni, oggi spaventate da una società che sembra non lasciare spazio alle loro aspirazioni e da un futuro all’insegna di una crisi ambientale e climatica da tempo prevista e fino ad oggi ampiamente sottovalutata.
Un mondo nel quale le armi e la guerra sono ritornate ad essere in cima all’agenda di tutti i governi e la voce di chi chiede la pace e un diverso modo di affrontare le controversie sembra inascoltata.
Non credo che sia un caso, la scelta di dedicare questa 17ma edizione del Giugno Antoniano, -il mese di eventi spirituali e culturali dedicati alla figura del Santo e a questa ricorrenza del 13 giugno - al miracolo dei pesci compiuto da Sant’Antonio.
Il Santo era a Rimini per predicare, ma in quella città dove vivevano moltissimi eretici, nessuno si radunò nella piazza, e le persone che incontrava non gli rivolgevano la parola e lo ignoravano.
Ma Sant’Antonio non si perse d’animo, e giunto in riva al mare iniziò lo stesso la sua predica. E fu in quel momento che migliaia di pesci vennero galla, davanti a lui per ascoltarlo.
Sant’Antonio ci dice che vale sempre la pena portare un messaggio di giustizia e speranza, quale è quello del Vangelo, anche se sembra che nessuno lo ascolti, perché c’è sempre qualcuno che lo raccoglie.
Una metafora che si adatta bene a quello che accade oggi con la guerra in Ucraina.
Il messaggio di pace, che viene forte ed autorevole anche dal Papa, così come da centinaia di migliaia di donne uomini e ragazzi in tutta Europa, sembra essere ignorato da tutti.
Prevale un realismo cinico e spietato per il quale alla guerra si può rispondere solo con la guerra.
Ma non per questo dobbiamo rinunciare a chiedere ogni giorno la pace.
Un anno fa, proprio oggi, esprimevo il mio sollievo per la fine dell’incubo pandemico, e allo stesso tempo ero preoccupato da questa guerra alle porte d’Europa che allora era iniziata da pochi mesi.
Speravo in cuor mio che l’orrore di quei primi mesi, il dramma dei profughi che anche noi qui a Padova abbiamo accolto, scuotesse le coscienze fino a far prevalere le ragioni della pace o almeno a far tacere le armi.
Oggi sono deluso e temo che la pace sia ancora distante.
Ma come ha fatto Sant’Antonio davanti ai cittadini di Rimini sordi alle parole del Vangelo, io dico che dobbiamo continuare a predicare le ragioni della pace, a praticare la pace con tutte quelle azioni che la possono favorire e rendere più vicina.
Lo so ci sembra inutile, ma io sono convinto che comunque questo messaggio giorno dopo giorno erode l’indifferenza, accende fiammelle di dubbio, perché non credo che ci sia alcun essere umano così insensibile e arido da non essere attratto dalla parola pace.
Facciamo nostro l’esempio di Sant’Antonio, l’umile frate francescano che aveva solo due strumenti con sé: la parola e l’esempio.
Pronunciamo quindi parole di pace, perché ognuno di noi è responsabile di quel piccolo granellino di realtà al quale le parole corrispondono.
Parole di pace e fratellanza, che naturalmente, non riguardano solo la grande tragedia della guerra, in Ucraina, come in Sudan e negli altri tanti, troppi, luoghi dove la voce la hanno le armi, ma anche il nostro comportamento quotidiano.
Siamo parte di una comunità, che pur con le difficoltà e contraddizioni che la percorrono, è sana e vive in un contesto di elevato benessere economico e sociale.
Eppure talvolta vengono a galla spinte egoistiche, comportamenti e affermazioni che non rappresentano lo spirito vero di questa città.
Recuperiamo e facciamo nostro il messaggio di giustizia, speranza e fratellanza di sant’Antonio che, nella sua universalità è di una coinvolgente attualità.
Questa giornata così importante volge al termine.
Mi rivolgo così al nostro Santo, e gli chiedo di guidarci in un periodo così complesso della nostra storia, perché le scelte che compiamo siano giuste, e portatrici di pace, uguaglianza, fraternità e benessere per tutti.
Buona festa del Santo a tutti voi."
Sergio Giordani