Karel Weirich
Karel Weirich nacque a Roma il 2 luglio 1906, da Ignatz e Geltrude Schindler.
Il padre, scultore, aveva vinto nel 1892 il “Premio di Roma”, una borsa di studio per lavorare nella capitale italiana, dove decise di rimanere. Allo scoppio della prima guerra mondiale la famiglia seguì il padre prima in Moravia e poi a Vienna, dove Ignatz morì nel dicembre 1916.
Dopo una breve parentesi in Svizzera, Karel fece ritorno con la madre a Roma, dove completò gli studi liceali all’Ennio Quirino Visconti.
Nel 1925 entrò come Segretario presso la Direzione Nazionale della Pontificia Opera di San Paolo Apostolo e dal 1932 svolse analoga mansione alla Direzione nazionale delle Pontificie Opere Missionarie.
Nel 1935, pur conservando l’impiego vaticano, diventò corrispondente fisso da Roma di una delle maggiori agenzie di stampa cecoslovacche, la CTK. Questo incarico gli cambiò la vita.
Dopo l’invasione nazista della Cecoslovacchia nel marzo del 1939, si rifiutò di giurare fedeltà a Hitler, ma fu licenziato solo molto più tardi, nel novembre del 1941. Fino al 1940 ricevette da colleghi antinazisti notizie relative a quanto accadeva nel Protettorato di Boemia-Moravia: Karel provvedeva a tradurle e a farle arrivare al Vaticano, in Francia e a vari altri contatti, divenendo così una pedina importante della resistenza ceco-slovacca all’estero.
I nazisti avevano subito applicato le leggi antisemite agli ebrei che vivevano all’interno del Protettorato e molti scelsero di emigrare in Italia, nonostante fossero in vigore le Leggi razziali del 1938 e agli ebrei immigrati fosse impedito di esercitare qualunque lavoro.
Quando nel giugno del 1940 Mussolini ordinò l’arresto e l’internamento di tutti gli ebrei stranieri, Weirich, forte del suo impiego in Vaticano, fondò con alcuni connazionali un’associazione dedita all’assistenza dei profughi cecoslovacchi: l’Opera di San Venceslao, che forniva denaro, abiti, medicine e documenti falsi agli internati nei campi di concentramento e ai clandestini, molti dei quali vivevano nascosti in conventi e monasteri.
Per la sua attività di appoggio al Comitato di Liberazione Nazionale e alla resistenza cecoslovacca in Italia, Weirich fu arrestato dalla Gestapo il 1° aprile del 1944. Tradotto nel tristemente famoso “Terzo braccio” del carcere Regina Coeli, fu condannato a morte da un tribunale militare tedesco, pena commutata grazie all’intervento della Santa Sede in diciotto mesi di lavori forzati da scontare nel lager di Kolbermoor, da cui uscì il 2 maggio 1945, quando il campo fu liberato dalle truppe statunitensi.
Gran parte dei documenti raccolti nei cinque anni tra il 1939 e il 1944 era sfuggita alla Gestapo, perché occultata sotto le assi di alcuni gradini delle scale della sua abitazione romana.
Al ritorno dalla prigionia li ritrovò al loro posto. La rilevanza documentaria di questo archivio è impressionante: contiene notizie di prima mano sull’occupazione tedesca in Cecoslovacchia fino al 1940 ed è la fonte primaria per ricostruire l’attività dell’Opera San Venceslao.
Vi si documenta inoltre, la partecipazione di Weirich e dei suoi connazionali alla lotta di Resistenza in Italia.
Weirich fu riassunto dalla CTK, finalmente denazificata, come corrispondente da Roma, incarico da cui fu licenziato nel febbraio del 1948 quando i comunisti presero il potere in Cecoslovacchia. Da quel momento visse di tanti piccoli lavori.
Weirich si limitava a dire che aveva agito così perché era ciò che andava fatto. Quando gli diedero una medaglia di riconoscimento per il suo straordinario operato, la accettò dichiarando che dovevano darne altrettante ai frati e alle suore che avevano nascosto gli ebrei e gli altri perseguitati.
Nel 1981 Karel Weirich si è spento a Roma all’età di 75 anni. Il suo prezioso archivio è custodito oggi a Treviso dalla nipote Helena Weirichova.
Nel 2012 Karel Weirich è stato inserito nel Giardino dei Giusti del Mondo di Padova.