Il Rinascimento
Il Rinascimento padovano si colloca storicamente un po' in anticipo rispetto allo sviluppo e alla rinascita delle Signorie dell'Italia centrale, a causa di una serie di vicende storiche, ma anche per il dibattito culturale e artistico che la nascita dell'Università e la presenza in città di alcuni personaggi particolarmente innovativi riescono a creare.
Dalla caduta dei Da Romano, fino alla prima metà del '400 in città si incontrano Giotto e De' Menabuoi, Pietro D'Abano, Petrarca, Marsilio, Donatello, Squarcione, Mantegna.
Nel XII e nel XIII secolo Padova è città decisamente Guelfa: il legame con la Chiesa e il Papato si riflettono nella vita cittadina e consentono la sconfitta dei Da Romano alleati degli Imperatori Federico Barbatossa prima, Ottone IV e Federico II poi.
Ma nella città si è anche sviluppata una nuova coscienza laica favorita dalla crescita della nuova borghesia che si è svincolata dal sistema feudale introdotto dai Longobardi e che reclama spazi di potere sottraendoli ai Signori, ma anche ai Vescovi che dispongono di ampie proprietà all'interno e all'esterno della città. Non dimentichiamo che sono stati proprio gli ordini monastici a dare l'avvio alla ricostruzione seguita ai saccheggi e alle distruzioni di Unni, Longobardi e Ungari, attraverso la fondazione di chiese, monasteri e comunità e hanno contribuito sostanzialmente alla realizzazione di opere pubbliche come le bonifiche seguite alle alluvioni del Brenta.
Le confraternite sono ancora un punto di riferimento importantissimo per la città: la fabbrica della Basilica del Santo e quella di Santa Giustina, Frà Giovanni Eremitani che riprogetta la copertura del Salone e tutta piazza dei Frutti, le attività nelle campagne dei Benedettini e la crescita delle chiese e dei monasteri che accolgono le confraternite degli artigiani.
Anche la presenza della libera Università contribuisce alla laicizzazione cittadina.
Qui sono ammessi e accolti studenti di ogni confessione e ogni nazione, favorendo lo scambio intellettuale, ma anche l'apprezzamento di valori universali proprio perché non legati a questa o quella pratica spirituale.
A cavallo tra Duecento e Trecento con Pietro D'Abano e Marsilio da Padova si sviluppa il cosiddetto Aristotelismo padovano, corrente filosofica che apre la conoscenza alla multidisciplinarietà, ma che promuove anche concetti quali la laicità del Governo, la pace quale bene supremo e l'autorità del Signore derivante dalla volontà della comunità.
Queste teorie portarono alla definizione di eretici e alla persecuzione da parte della Chiesa di tutti coloro che le abbracciavano, dai già citati Pietro e Marsilio, fino a Galileo.
L'epoca Comunale fa crescere l'interesse per lo sviluppo e la prosperità della città, la necessità di espandere i propri territori di riferimento per dare sbocco alle produzioni delle crescenti maestranze artigiane (quella della lana innanzitutto), cercando quindi amicizie e affrontando gli scontri più spinti dall'utilità pratica che dalle convinzioni morali. Le diatribe tra Guelfi e Ghibellini quindi si placano a favore della possibilità per la città di arricchirsi.
In questo clima è anche più facile capire le politiche dei Carraresi e le loro alleanze: fedelissimi al Papa contro i Da Romano, si scoprono convinti imperiali quando Cangrande della Scala ne minaccia i confini da sud. Per opporvisi tornano utili il Castello fortificato da Ezzelino con la torre della Specola e le mura costruite nel '200.
Ma lo è di più il negoziato, visto che Cangrande della Scala, forte ora del suo ruolo di Vicario imperiale di Enrico VII, riesce comunque a prendere la città per 9 anni, dal 1328 al 1337.
E il gioco delle alleanze si ripete. Padova è ora con Venezia, ora con gli Austriaci, ora con l'Imperatore, ora con i Visconti, a seconda di chi sia il nemico che ne vuole fagocitarne il territorio.
In questo gioco i Carraresi sono decisamente abili, ma non meno spietati dei Da Romano nell'eliminare fisicamente i loro oppositori, fossero anche i membri della loro famiglia.
Alla guida della famiglia, e quindi della città, si succedono infatti Jacopo I, nominato Capitano del Popolo nel 1318, Marsilio I che sconfitto e fatto prigioniero da Cangrande ne accetta l'alleanza rimanendo Signore di Padova, Ubertino, costruttore della Reggia Carrarese e Marsilietto II detto Papafava. Quest'ultimo viene ucciso dai nipoti Jacopo e Jacopino.
Jacopo viene proclamato Capitano del Popolo e continua l'opera di sviluppo artistico e culturale della città iniziata da Ubertino, divenendo amico di artisti e poeti, accogliendo ed aiutando il Petrarca, promuovendo il completamento della Basilica del Santo e operandosi per la tutela della città nella pestilenza e nel terremoto del 1348.
Solamente 2 anni dopo viene pugnalato da un parente. Gli succedono Jacopino con il nipote Francesco, che fa immediatamente imprigionare lo zio con l'accusa di tradimento. Francesco si rende conto che Venezia è molto interessata al territorio padovano e quindi prima si allea con la città contro i Visconti, poi vede maggior vantaggio nello stare con l'Imperatore Carlo IV, nemico dei Veneziani, viene nominato Vicario Imperiale e guida diverse battaglie contro Venezia, avendo alla fine la peggio.
Nel 1378 è alleato degli Austriaci che supportano Genova contro Milano e Venezia nella Battaglia di Chioggia, questa volta vincendo.
Dieci anni dopo ottiene da Leopoldo d'Austria i territori di Feltre e Belluno che rendono Padova la signoria più estesa del Veneto, rendendola molto pericolosa sia agli occhi di Venezia che dei Visconti. Si costituisce una Lega Anticarrarese e Padova è assaltata sia da est che da ovest, costringendo Francesco, ormai sconfitto e stanco ad abdicare in favore del figlio Francesco Novello. Questi dopo la presa della città da parte dei Visconti dovrà vivere in esilio per 2 anni e riuscirà a rientrare in città solo a prezzo di un grandissimo lavoro diplomatico e a prezzo della nuova alleanza con i veneziani contro Milano. Un debole tentativo di alleanza con Ferrara per riuscire a non farsi annettere al territorio della Serenissima non impedisce a Vicenza e Verona di decidere di soccombere a Venezia, pur di avere la pace.
Alla fine, nel 1405, dopo gli ennesimi tentativi di complotto interni alla famiglia, Francesco Novello si arrende con il figlio Francesco III alla Repubblica, facendone diventare Padova parte integrante e centro culturale, regalando così alla città lo sviluppo artistico del secolo appena iniziato e quello scientifico che l'attendeva nel '500.