A Gaza si lavora per la salute e la prevenzione
Estratto dai racconti raccolti attraverso il Progetto "#Padovamondo Raccontare #Cooperazione".
"Con Acs - Associazione di cooperazione e solidarietà, all'interno del progetto Green hopes-Gaza, nato per bonificare un'area in cui attrezzare un parco con servizi sociali, culturali e sportivi, si è organizzato il sostegno alla produzione locale di materiali indispensabili alla prevenzione del contagio. A diverse migliaia di famiglie della zona, attraverso il Comitato di quartiere, viene consegnato un kit in una borsa riutilizzabile con saponi, disinfettanti e mascherine. Sono state già fatte due consegne.
Le mascherine sono prodotte dal laboratorio di sartoria Maraky di Gaza, che ha riconvertito la sua attività mantenendo l’occupazione in un momento in cui il confinamento aggrava lo stato di disoccupazione di buona parte della popolazione.
L'iniziativa si inserisce nel percorso di sostegno e consolidamento di piccole attività produttive artigianali per liberare le donne gazawe dalla dipendenza dai sussidi.
All’inizio della pandemia è stato chiuso il varco di Erez e nella Striscia si entra solo dal varco egiziano di Rafah, dove è stato realizzato un ospedale da campo e si fanno i tamponi.
Dopo il blocco delle attività anche in Egitto, molti lavoratori palestinesi vorrebbero tornare dalle loro famiglie a Gaza, ma gli ingressi possono limitarsi a 1.000 tamponi/giorno per mancanza di attrezzature sanitarie.
Si crea così una drammatica situazione in cui le persone sono costrette ad attendere e accamparsi sul confine, in un campo improvvisato. Assembramento forzato che mette a rischio la salute di tutti: il 27 maggio c’è stato il primo morto".