Comunicato stampa: Photo Open Up, Festival internazionale di fotografia
Al via il prossimo 24 settembre la quarta edizione di Photo Open Up, Festival internazionale di fotografia promosso dal Comune di Padova e organizzato da Arcadia Arte con la direzione artistica di Carlo Sala.
Anche quest’anno il Festival si sviluppa nelle più suggestive sedi espositive della città, dalla Galleria Cavour nel cuore del centro storico fino all’affascinante complesso di archeologia industriale Ex Macello in via Cornaro, coinvolgendo anche Palazzo Zuckermann, le ex scuderie di Palazzo Moroni, il Centro Culturale/Altinate San Gaetano e Palazzo Angeli.
Il tema di questa quarta edizione è “Lo stupore ritrovato” e punta a dare forma visiva a quel sentimento discoperta e di meraviglia di cui le persone vogliono riappropriarsi dopo un lungo periodo di restrizioni dovuto alla pandemia e per vincere il senso di incertezza causato dallo scenario globale segnato da nuovi conflitti.
“Sentiamo il bisogno di provare nuovamente un sentimento di ammirazione e sorpresa nel rapportarci con i luoghi le cose e le persone, in modo da lasciarci ancora stupire – ragiona il direttore artistico Carlo Sala – Fin dall’antichità i filosofi hanno dibattuto sul sentimento della meraviglia come fattore scatenante della curiosità e della stessa conoscenza. E’ la stessa voglia di indagare che è alla base dell’agire di ogni fotografo quando posa il suo sguardo e coglie, interpreta o manipola il reale nelle sue varie manifestazioni.”
Le 23 mostre, gli oltre 15 eventi ed incontri di questa quarta edizione che si svolgerà dal 24 settembre al 1novembre, coinvolgeranno più di 100 autori di rilievo nazionale e mondiale.
“Questa quarta edizione del Festival Photo Open Up conferma e sottolinea l’attenzione che questa Amministrazione ha nei confronti della fotografia che, nella nostra città, ha sempre trovato un fertile luogo di confronto, elaborazione ed esposizione – sottolinea l’assessore alla cultura e al turismo - Anche quest’anno, il tema scelto come fil rouge delle 23 mostre che danno corpo al Festival, “lo stupore ritrovato” è estremamente stimolante e di grande attualità. Gli autori, che il direttore artistico Carlo Sala ha scelto per il Festival, esprimono in maniera diversa ma sempre originale la voglia e la capacità di stupirsi di fronte alle immagini, siano esse realiste o frutto di un lavoro di creazione e sperimentazione come i “Lucigrammi” e i “Pirogrammi” del grande Nino Migliori uno dei maestri indiscussi della fotografia contemporanea. L’effetto complessivo per il visitatore è proprio quello di ritrovare lo stupore attraverso lo sguardo e le scelte originali di autori, che hanno proposto un altro punto di vista visivo o narrativo che apre lo spazio a realtà diverse. Ringrazio anche Fondazione Cariparo per l’importante sostegno che anno dopo anno dà alla manifestazione”
Il manifesto del festival è tratto dalla serie Is Life Under The Sun Not Just a Dream di Rocco Venezia, un ampio corpus visivo fatto di immagini sospese tra realtà e sogno. Come ha spiegato l'autore, la sua è una ricerca che si sofferma sui Paesi a sud del continente che ancora mostrano gli strascichi dell’ultima crisi economica e sociale: “indagando le superfici e proponendo una rappresentazione onirica delle realtà di questi luoghi, il mio lavoro volge a creare una percezione visiva di un Sud Europa mentale”.
Tra gli “highlights” di questa edizione, certamente la mostra Sperimentazioni alla Galleria Cavour dedicata al grande maestro Nino Migliori, che espone opere fino ad oggi inedite e mai esposte al pubblico.
Un’occasione unica e irripetibile per conoscere un nuovo Nino Migliori. Ma le sperimentazioni possono riguardare anche il corpo. È il caso del progetto di Matthieu Croizier, fotografo svizzero vincitore dell’open call 2022, la quale ha registrato un record di partecipazioni da tutto il mondo, attirando candidati da ben 4 continenti. Con Everything goes dark a little further down, Croizier mette in gioco il proprio corpo per esplorare il concetto di mostruosità superando un binarismo interpretativo che prevede solamente bello e brutto, giusto e sbagliato, normale e anormale. La sua mostra è una commovente dedica d’amore all’anormalità e al coraggio di abbracciare la mostruosità riscoprendola in ciascuno di noi.
Ed è stato proprio il successo di questa seconda edizione dell’open call, caratterizzata dall’altissimo livello di molti dei progetti candidati, ad aver dato l’idea di una mostra collettiva. Quest’anno, infatti, 19 artisti sono stati premiati con una menzione speciale. L’eterogeneità stilistica e interpretativa delle loro opere, oltre alla loro qualità artistica, ha convinto il comitato scientifico ad affiancarle in una mostra collettiva capace di restituire uno sguardo d’insieme sulle tendenze internazionali della fotografia contemporanea. Ogni artista ha dunque selezionato uno dei suoi scatti che, affiancando quelli degli altri autori, ha contribuito a realizzare un mosaico di storie personali e sguardi sulla realtà intorno al tema dello Stupore ritrovato.
La mostra Come d’incanto, invece, propone il lavoro di una serie di importanti fotografi internazionali contemporanei in dialogo con autori emergenti che si pongono una serie di questioni di stringente attualità attorno al sentimento dello stupore. Le opere, provenienti da tre prestigiose collezioni italiane, evocano o rielaborano le imminenti esigenze di cambiamento, rispetto e fiducia; indagano dimensioni estreme, luoghi sospesi tra il bene e il male, paesaggi fantastici, presenze corporee sovraesposte; aprono spiragli di luce in spazi veri o illusori, governati da nuovi canoni di bellezza, dalla facoltà di abitare l’incanto e lasciarsi andare alla riscoperta stupita del reale.
Autori: Nobuyoshi Araki, Guido Argentini, Sergia Avveduti, Roger Ballen, Simone Bergantini, Matthew Brandt, Jonny Briggs, Elina Brotherus, Claudia Calegari, Filippo Cavalli, Corrado Dalcò, Gabriele De Santis, Irene Fenara, Franco Fontana, Luke Fowler, Luigi Ghirri, Ralph Gibson Soham Gupta, Anne Imhof, Luca Lupi, Herr Merzi, Yasumasa Morimura, Wang Ningde, Masao Yamamoto,Yang Yongliang, Giovanni Stefano Rossi, Bettina Rheims, Ruggero Rosfer & Shaokun, Anri Sala, Jan Saudek, Mario Schifano, Malick Sidibé, Sissi, Jacob Aue Sobol, Lamberto Teotino, Arthur Tress, Francesca Woodman.
Reinventare la realtà può significare anche attingere all’esistente per modificarlo, rielaborarlo, farlo rinascere sotto forme nuove e inattese. È quello che fa Noé Sendas, uno dei fotografi di ricerca belgi più interessanti di oggi, nella sua mostra Straniamento: riconoscendo che siamo tutti esposti a centinaia, forse migliaia di immagini ogni giorno, anziché produrne di nuove l’autore attinge allo sconfinato inventario offerto dalla contemporaneità e ne ricava qualcosa di originale e sorprendente. Attraverso tecniche surrealiste come collage e sovrapposizioni, sfruttando la possibilità di aggiornarle grazie al digitale e manipolando i metodi di stampa, Sendas sgretola ogni certezza, dall’identità dell’opera, al periodo di realizzazione, finoalla sua paternità, creando un sublime effetto di estraniamento, in bilico tra l’inquietudine e la meraviglia.
Un simile spaesamento lo si può provare interrogandosi sul rapporto che c’è tra il mondo digitale e quello analogico. Esplorando questa relazione, il progetto Human Image Recognition di Alessandro Sambini guarda alle implicazioni che derivano dall’incapacità degli algoritmi di raggiungere la massima precisione nel definire i contenuti a essi sottoposti. L’artista si interessa a questa sorta di “fallimento” che, invece di essere visto in modo negativo, sembra umanizzare lo strumento tecnologico. Per questo, nel lavorare una serie di fotografie vendute da Ikea, Leroy Merlin o tratte dal settimanale The Economist, Sambini imita il metodo delle intelligenze artificiali. Sostituendo all’azione fredda della macchina la propria vista, tenta di dare a ciascuna di esse un significato autonomo rispetto alla volontà originaria dei loro creatori. L’analisi di ogni frammento è accompagnata da una percentuale di affidabilità delle scelte compiute che non segue criteri statistici, ma evoca delle specifiche cifre mutuate da vari dispositivi tecnologici – parte di una grammatica visiva che oggi è una sorta di nuovo paesaggio quotidiano dello sguardo – a cui l’artista inconsciamente associa stati emotivi, sensazioni e ricordi. La mostra presenta il progetto vincitore della decima edizione del Premio Francesco Fabbri per le Arti Contemporanee promosso dalla Fondazione Francesco Fabbri Onlus.
Pur attingendo a sua volta alla sfera digitale, i paesaggi su cui ragiona Andrea Camiolo in Per un paesaggio possibile sono di tutt’altra natura, anzi: al centro della sua indagine si colloca la definizione stessa di paesaggio. Benché trovarne una sembri facile, non lo è affatto: e ancor più complicato è dire come se ne possa rappresentare uno. Per un paesaggio possibile gioca su questa ambiguità e moltiplica con sorprendente originalità le possibili modalità rappresentative: da un’immagine satellitare alla parola “paesaggio” stampata su un dizionario, dallo screenshot del codice sorgente di un file jpg alla scansione di un negativo 10x12. Più che offrire una risposta, il lavoro dell’artista restituisce la complessità del reale e l’impossibilità di descriverla con definizioni nette.
Ma lo stupore può scaturire anche dai luoghi veri e propri, sia vicini che lontani. Anche in questa quarta edizione, infatti, Photo Open Up continua a prestare grande attenzione sia al locale che alle realtà più lontane. Alle mostre che affondano le loro radici nella storia e negli spazi di Padova, come Tracce di Adriano Cassin, dedicata alle botteghe storiche della città, si affianca uno speciale trittico di mostre che le affondano in Africa, più precisamente in Mozambico. E sono vere e proprie radici quelle al centro di Árvore da vida di Camilla Miliani, il progetto fotografico realizzato in collaborazione con We World Onlus: sono le radici degli alberi sui quali si sono rifugiati per giorni i pochi sopravvissuti dei villaggi mozambicani colpiti dai cicloni dovuti al riscaldamento globale. Sono invece l’acqua e la terra gli elementi centrali in Reflections of perception di Eduardo Dumakude Timóteo Mondlane, che immortala alcuni scorci iconici della città di Maputo riflessi sui Lagos Niassa, come vengono chiamate le enormi pozzanghere che si creano lungo le strade. Più rivolto all’etereo lo sguardo di Dilayla Romeo nelle opere di Mozafrican Cosmology, una serie di fotografie astratte create con inchiostri naturali ricavati da piante medicinali. Le immagini raffigurano universi onirici e immaginari, pieni di colori e forme intense che rappresentano la forte relazione del popolo mozambicano con l’universo.
Si può raccontare un Paese attraverso la quotidianità delle persone che lo abitano? È quello che si è chiesto Ivan Grozny Compasso, giornalista e reporter, che dal 2012 al 2016 ha viaggiato dal Sud al Nord-Est del Brasile raccogliendo, sullo sfondo di grandi eventi sportivi, come i Mondiali 2014 e le Olimpiadi 2016, e delle proteste che li hanno accompagnati, le testimonianze, le storie e le immagini della vita nelle piccole e nelle grandi comunità brasiliane, osservate e immortalate in tutti i loro aspetti: dal sociale all’arte alla cultura, passando per la politica e lo sport. Un reportage che tocca non solo le grandi città, come Rio de Janeiro, São Paulo o Salvador, ma anche località dell’entroterra e della costa Nord. A Photo Open Up 2022 sarà possibile scoprire uno dei risultati di questa ricerca: la mostra “Gente boa”, che racconta questo enorme Paese attraverso i suoi scorci, le sue strade, i suoi dettagli urbanistici, la vita quotidiana, l’arte, la cultura e le piccole azioni comuni delle persone che lo abitano.
Monsoons never cross the mountains di Camillo Pasquarelli porta invece in Kashmir e, attraverso lo sguardo dei bambini immortalati, racconta la violenza e l’anelito all’azadi, ovvero libertà in lingua urdu, che da quasi ottant’anni accompagnano la storia della regione. Nel farlo, si interroga sul ruolo del fotogiornalismo nel creare un immaginario collettivo e sulla possibilità di mettere in discussione il privilegiato ed esotizzante punto di vista occidentale.
Il programma di Photo Open Up non finisce qui, anzi: offre molte altre mostre, incontri con gli autori, presentazioni di libri, workshop e attività correlate. Per restare aggiornati sulle proposte del festival, è possibile visitare il sito www.photopenup.com o seguire i profili social della manifestazione.