Comunicato stampa: discorso del sindaco Sergio Giordani in occasione della celebrazione della Giornata dei Giusti dell’Umanità
"Saluto innanzitutto i parenti dei Giusti del Mondo che oggi sono qui con noi per questa importante cerimonia.
Un saluto particolare anche all’assessora del Comune di Venezia Paola Mar e al sindaco di San Donà di Piave Andrea Cereser, che ringrazio per aver voluto raggiungerci questa mattina.
Un grazie a tutte le autorità civili, religiose e militari e alle associazioni combattentistiche e d’arma presenti e ancora un ringraziamento particolare ai rappresentanti della Comunità Ebraica di Padova e dell’Associazione Italia-Armenia.
Oggi commemoriamo la giornata dei Giusti dell’Umanità in questo Giardino, che la nostra città ha istituito ancora nel lontano 2008 e che oggi, con questi otto nuovi Giusti mantiene viva la memoria di 74 donne e uomini che, in tutto il mondo, e in contesti storici diversi, hanno fatto del bene salvando vite e difendendo i diritti umani.
Faccio mia una considerazione del filosofo e teologo Vito Mancuso che nel suo bel saggio intitolato “A proposito del senso della vita” afferma, parlando del valore della libertà individuale, che non c ‘è senso della vita senza consenso.
In altre parole, ognuno di noi è artefice o interprete ultimo del senso che decide di dare alla propria vita. Tralasciando le successive riflessioni che riguardano le relazioni tra ognuno di noi e gli altri, che pure sarebbero interessanti mi soffermo sulla considerazione che secondo me è centrale, e cioè che il senso della nostra vita dipende prima di tutto da noi.
Queste donne e questi uomini che ricordiamo oggi come Giusti dell’Umanità non hanno abdicato al loro diritto di scegliere tra bene e male, tra giustizia e ingiustizia, comprendendo che se avessero scelto altrimenti non avrebbero dato un senso alla loro vita.
Lo hanno fatto pur sapendo di correre dei rischi mortali, accettando di schierarsi, come avrebbe detto Bertol Brecht, dalla parte del torto, perché tutti i posti dalla parte della ragione, o almeno di quella che in quel momento sembrava la ragione, incarnata dalla dittatura e dalla violenza, erano occupati.
E’ importante leggere le loro storie, perché emerge chiaro che questi Giusti, non sono quelli che oggi immaginiamo cioè degli eroi. I loro atti, le loro azioni lo possono essere stati. Ma loro sono persone normali, come tutti noi, che la sorte, o il destino, o la provvidenza, scegliete voi quello che ritenete più giusto, ha messo di fronte a delle scelte.
Le SS rastrellano gli ebrei dopo l’8 settembre e bussano alla porta di Maria e Sara Letizia Piras a Cannareggio alla ricerca di una famiglia di ebrei, e loro mentono spudoratamente. “Non ci sono più, sono partiti ieri”. Una menzogna che potrebbe costare loro la vita.
Il capo curdo Hammo Shero nel 1918 davanti alle milizie ottomane che vogliono rastrellare gli armeni rifugiati nel suo territorio risponde senza esitazione: “Sono ospiti della montagna e per questo sacri”.
Maria e Sara Letizia Piras, Hammo Shero, gli altri sei Giusti a cui dedichiamo oggi una stele e un albero così come tutti gli altri ricordati nel nostro Giardino non hanno girato la testa dall’altra parte, non hanno detto non mi riguarda.
Non c’era nessuno con loro a sostenere la loro scelta, non c’erano vantaggi personali, né immediati né futuri.
Solo la loro coscienza, solo il profondo confronto con il loro senso della vita.
Nessuno di noi sa se si troverà mai in una situazione simile. Ci potremmo augurare di no, perché vorrebbe dire che violenze e sopraffazione non sono più una tragica costante delle relazioni tra esseri umani.
Ma purtroppo- e lo vediamo tragicamente in modo nitido anche in questi mesi- non è così.
Fare appello all’esempio di questi Giusti dell’Umanità non è vuota retorica e neppure una semplice cerimonia di ricordo.
E’ invitare a fare i conti con la nostra coscienza e a interrogarci su quale è per ognuno di noi il senso della vita.
La risposta è difficile e non è scontata. Quanto accade in questi giorni non può che farci riflettere
I Giusti che ricordiamo in questo Giardino si sono confrontati con guerre e genocidi e hanno scelto da che parte stare.
Ma quello che accade oggi a ben guardare è altrettanto terribile.
Ho ancora davanti agli occhi le drammatiche immagini della tragedia dell’immigrazione che è avvenuta sulla spiaggia di Crotone.
Tecnicamente la continua tragedia delle morti in mare di migranti sulle rotte della speranza, non è un genocidio.
Ma questo non ci può far girare la testa dall’altra parte, di fronte a una odissea che riguarda bambini, donne e uomini, il cui unico torto è essere nati dalla parte sbagliata del mondo.
Quale è il senso della vita per questi padri, per queste madri, che si imbarcano sapendo di rischiare la morte per cercare un futuro migliore?
Da che parte vogliamo stare noi, cosa ci dice la nostra coscienza?
Non sappiamo ora chi saranno le donne e gli uomini che in futuro ricorderemo come Giusti dell’Umanità per aver aiutato, salvato alcuni di questi migranti che il destino ha fatto loro incontrare su una barca che sta per affondare o tra i rottami di un naufragio.
Ma sappiamo certamente chi non sarà mai fra i Giusti del mondo. Non ci saranno gli scafisti e i trafficanti di esseri umani, che lucrano sulla vite di queste persone, non ci saranno i tanti che si girano dall’altra parte perché è una faccenda che non li riguarda, e soprattutto chi sui social posta battute meschine sui rischi del viaggio in mare citando a sproposito antichi proverbi italiani.
Dobbiamo guardare e studiare il passato, ma abbiamo il dovere di conoscere e comprendere il presente.
Ricordiamo oggi e ringraziamo i Giusti dell’Umanità che con il loro esempio ci indicano la strada.
Per questo nel concludere queste riflessioni, prima di proseguire nella cerimonia vi chiedo di osservare tutti assieme un minuto di silenzio in memoria dei 68 migranti morti nel naufragio di Crotone, la cui unica colpa è stata di voler dare un futuro migliore alla propria famiglia e voler riunirsi ai propri cari già arrivati in Europa.
Grazie a tutti voi per essere intervenuti oggi".